Giovedì 6 ottobre 2022 ho condiviso
la mia prima lezione universitaria sullo studio del paesaggio partendo dal
reale: passeggiata lungo l'argine di Voltabarozzo. La prima sensazione è
stata quella di trovarmi in un luogo contrastante dove di “naturale” ormai
c'era ben poco, se non l'aspetto vegetativo indotto anche quello dall'uomo.
Già il luogo in cui ci siamo
dati appuntamento, il supermercato, ha rivelato di essere uno spazio
d’incontro tra i diversi aspetti della società di oggi; chi era interessato
alla spesa quotidiana, chi all’attendere per iniziare un cammino, chi ad
aspettare qualcosa o qualcuno di un tempo ormai passato; ed infine anche chi
non aveva più nulla da attendere (gli ultimi).
A mano a mano che ci si
allontanava dalla città il paesaggio si liberava sempre più della presenza
dell’uomo che in qualche modo lo ha modificato nel tempo per renderlo sempre
più “urbano”. Ma, ad un certo punto, il miracolo dell’uomo tecnologico si è
manifestato e la foto sottostante lo dimostra.
Posso ancora sperare che
l’uomo possa relazionarsi con l’ambiente creando paesaggi rispettosi del passato e del presente propenso quindi a crearne di nuovi per il futuro.
Infatti la storia passata e
locale che riguardava la città di Padova era caratterizzata dalla presenza di
un territorio dove l’acqua era la principale ricchezza economica, ma aveva
bisogno di essere regimentata per non creare danni all’uomo e quindi fiume,
canali e opere idrauliche si espressero nel loro massimo aspetto tecnologico realizzando
un nuovo paesaggio.
La storia presente è il nome
della passerella, Rose Louise Parks, una donna che ha combattuto in prima
persona per la lotta per i diritti umani per cambiare il futuro, simbolo quindi di una volontà che parte dai piccoli gesti.
Il futuro invece è proprio
questa passerella dove legno e acciaio s’incontrano. Io sono convinta che
questo simbolo rappresenti una scelta obbligata per tutti noi; o attraversiamo tutti
assieme ora quel ponte con l’aiuto e l’esperienza del passato, oppure non
potremmo nel futuro lamentarci dei nuovi “paesaggi” che l’uomo costruirà.